lunedì 17 febbraio 2014

I MAGAZZINI SONO PIENI, LE CASSE SONO VUOTE, SCAMBIAMOCI LE FIGURINE....

Giugno 2009

(dialogo fra Wladimiro ed Estragon al Caffè Centrale di Piazza Maggiore in un paese di Provincia)


W. Caro amico, è un bel pasticcio.

E.  Come? Perché? Posso fare qualche cosa?

W. Non hai capito. È successo di tutto. Le famiglie povere soffrono, quelle che erano ricche lo sono un po’ meno, le aziende ricorrono alla cassa integrazione, il Pil si è azzerato, le banche stanno fallendo, i governi intervengono e forse falliranno pure loro nel tentativo di non far fallire le banche.

E.   Poi, se avrai tempo e pazienza, mi spiegherai che cos’è il Pil e la cassa integrazione, ma ora spiegami cos’è successo.

W. In poche parole, semplici, per farti capire, sappi che qualche cosa si è inceppato nel meccanismo produttivo. Il ritmo capitalistico, l’elettronica, la globalizzazione hanno fatto un cocktail esplosivo. Si è creato un eccesso di produzione; i magazzini sono pieni e a casa tua, come a casa mia, lo sono anche gli armadi.

E.   Scusami, scusa la mia semplicità, ma da che mondo è mondo, qui da noi se i magazzini sono pieni si fa’ festa. Se sono vuoti il problema è serio.

W. Anima semplice, se i magazzini sono pieni le fabbriche non sanno più cosa produrre e/o per chi, e intanto la merce in magazzino comincia a deprezzarsi, quindi nascono tanti altri problemi.
      Ci vorrebbe un diluvio, un incendio, una rottamazione gigante o una guerra!

E.   Certo! Una volta c’era la guerra, distruggeva tutto e si ricominciava daccapo. Ma questa disavventura quanto potrà durare?

W. Esattamente il tempo necessario a svuotare i magazzini. Poi si potrà ricominciare.

E.   Ma il vero problema adesso è la globalizzazione. Una volta, quando in un paese qualsiasi c’era un buon raccolto, abbondanza di ricchezza, arrivavano i barbari di turno, portavano via tutto e si ricominciava. E l’Italia di questi cicli ne ha visti tantissimi. Ma dimmi un po’: perché mi dici che le casse sono vuote?

W.  Per la solita ragione. Gli addetti alla finanza hanno prodotto molto, tanti prodotti, troppi prodotti, e tutto si è ingolfato e quindi tutti hanno perso ricchezze enormi. Tu non paghi, ma io non pago te.

E.   Ma è proprio così?

W. Proprio. Banche specializzate nel gestire il denaro degli altri hanno perso cifre che non si riescono nemmeno a contare nel gestire i denari propri. Sono fallite, hanno cambiato nome, saranno aiutate dagli stati, il pubblico interverrà nel privato, mentre solo poco tempo fa’ era il contrario. Cara anima semplice, si sono fatte e sono successe cose che, raccontate oggi, anche  a pochi mesi dal grande pasticcio, sembrano impossibili.

E.  Ma divento sempre più curioso, fammi un esempio.

W. Volentieri e se non ci credi, puoi controllare. C’è fra Bergamo e Brescia una piccola media azienda che produce acciaio. Fattura circa 120 milioni di euro e nel frattempo ottiene finanziamenti per miliardi di euro. Ottiene soldi da banche e compra titoli delle stesse banche che poi ne tirano fuori altri soldi per pagare le perdite di altre banche e avere così il privilegio di essere gli unici creditori.

E.   Io sarò ingenuo perché vivo qui, dove il massimo dell’eccesso è il bollito misto del giovedì, ma, se così è, qualche cosa da nascondere c’era o c’è: ma forse il titolare dell’azienda e quello della banca erano e sono amici?

W. Si, si dice che si conoscono, che si parlano e, forse, hanno insieme interessi in altre società.

E.   Ma dimmi, qualcuno qualcosa paga?

W. Gli Azionisti sì, i vertici, invece, sono sempre lì.

E.   Sono sempre più confuso. Se i magazzini sono pieni, allora vuol dire che c’è abbondanza, ma poi le casse sono vuote, e comunque gli stati le riempiono stampando moneta per comprare i c.d. “titoli tossici”.

W. Come sempre non si inventa mai nulla di nuovo. Tutto cambia e niente si inventa. Si abbandona il burraco e si ritorna al monopoli.

E.  Allora se io ho Viale Margherita e tu tre alberghi, ci cambiamo le figurine e abbiamo l’impressione di aver fatto l’affare. Se così è caro amico, prepara un po’ di figurine che ce le scambiamo e quello che sarà il  gioco del 2009, si chiamerà “Carta contro Carta”. Lo faremo sulla piazza Grande in un comodo tavolo del Caffè Centrale. Da qui potremo leggere tutto quanto succede ad uomini indaffarati e noi che siamo staccati dai loro problemi ci chiederanno cosa fanno e dove vanno.

W. E ci chiederemo se tutti questi uomini che compaiono sulla stampa, sono loro ad aver inventato le storie e se sono le storie che hanno inventato loro.

E.   Ma ora, lasciamo perdere le grandi situazioni  che competono ad altri. Raccontami invece di te, del nostro “particolare”. Se non m’inganno hai l’aria soddisfatta.

W. Ti racconto: avevo tempo, non sapevo a cosa applicarmi, avevo un fienile ed una barchessa vuota ed ho iniziato un’attività di insegne luminose. Ho preso come clientela il settore banche. Ebbene, ogni anno ho triplicato il fatturato. Ho continuato a cambiare insegne. Per lo stesso gruppo ho cancellato Cariplo, Ambrosiano, Comit, Popolari Venete. Ho fatto insegne bellissime a nome Intesa con i colori dell’arcobaleno. Le ho messe da tante parti, poi le ho rismontate. Ho tolto Intesa, ho messo Credit Agricole e così via………….., Unicredit, Sanpaolo Imi, Banca di Roma, Banco di Sicilia, Capitalia e così via. Fai, togli, disfa e pure ben pagato. Ho scelto il settore giusto. Qui da noi le insegne, al di là delle banche, non cambiano. Ne ho fatta una tempo fa’ con scritto “Latteria” ed è sempre lì.

E.   Ma la gente? Capisce? Come si orizzonta? Fin che cambiano i prodotti………., ma quando cambia anche il marchio ………..come si orizzonta?

W. In realtà caro amico devi sapere che gli uomini sono pigri. Non cambiamo l’abitudine dello sportello, così come non cambiamo la religione che si ritrovano da quando vengono al mondo. Scelgono le donne non andandole a cercare o a conquistare, ma prendendo quello che capita sottomano; non sanno che banche, donne e religione sono cose importanti e si devono scegliere!

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