I MAGAZZINI SONO PIENI, LE CASSE SONO VUOTE, SCAMBIAMOCI LE FIGURINE....
Giugno 2009
(dialogo fra Wladimiro ed Estragon al Caffè Centrale di Piazza Maggiore in un paese di Provincia)
W. Caro amico, è un
bel pasticcio.
E. Come? Perché? Posso fare qualche cosa?
W. Non hai capito. È successo di tutto. Le
famiglie povere soffrono, quelle che erano ricche lo sono un po’ meno, le
aziende ricorrono alla cassa integrazione, il Pil si è azzerato, le banche
stanno fallendo, i governi intervengono e forse falliranno pure loro nel tentativo
di non far fallire le banche.
E. Poi, se avrai tempo e pazienza, mi spiegherai
che cos’è il Pil e la cassa integrazione, ma ora spiegami cos’è successo.
W. In poche parole, semplici, per farti capire,
sappi che qualche cosa si è inceppato nel meccanismo produttivo. Il ritmo
capitalistico, l’elettronica, la globalizzazione hanno fatto un cocktail
esplosivo. Si è creato un eccesso di produzione; i magazzini sono pieni e a
casa tua, come a casa mia, lo sono anche gli armadi.
E. Scusami, scusa la mia semplicità, ma da che
mondo è mondo, qui da noi se i magazzini sono pieni si fa’ festa. Se sono vuoti
il problema è serio.
W. Anima semplice, se i magazzini sono pieni le
fabbriche non sanno più cosa produrre e/o per chi, e intanto la merce in magazzino comincia a
deprezzarsi, quindi nascono tanti altri problemi.
Ci vorrebbe un diluvio, un incendio, una
rottamazione gigante o una guerra!
E. Certo! Una volta c’era la guerra, distruggeva
tutto e si ricominciava daccapo. Ma questa disavventura quanto potrà durare?
W. Esattamente il tempo necessario a svuotare i
magazzini. Poi si potrà ricominciare.
E. Ma il vero problema adesso è la globalizzazione. Una
volta, quando in un paese qualsiasi c’era un buon raccolto, abbondanza di
ricchezza, arrivavano i barbari di turno, portavano via tutto e si
ricominciava. E l’Italia di questi cicli ne ha visti tantissimi. Ma dimmi un
po’: perché mi dici che le casse sono vuote?
W. Per la solita ragione. Gli addetti alla
finanza hanno prodotto molto, tanti prodotti, troppi prodotti, e tutto si è
ingolfato e quindi tutti hanno perso ricchezze enormi. Tu non paghi, ma io non
pago te.
E. Ma è proprio così?
W. Proprio. Banche specializzate nel gestire il
denaro degli altri hanno perso cifre che non si riescono nemmeno a contare nel
gestire i denari propri. Sono fallite, hanno cambiato nome, saranno aiutate
dagli stati, il pubblico interverrà nel privato, mentre solo poco tempo fa’ era
il contrario. Cara anima semplice, si sono fatte e sono successe cose che,
raccontate oggi, anche a pochi mesi dal
grande pasticcio, sembrano impossibili.
E. Ma divento sempre
più curioso, fammi un esempio.
W. Volentieri e se
non ci credi, puoi controllare. C’è fra Bergamo e Brescia una piccola media
azienda che produce acciaio. Fattura circa 120 milioni di euro e nel frattempo ottiene
finanziamenti per miliardi di euro. Ottiene soldi da banche e compra titoli delle
stesse banche che poi ne tirano fuori altri soldi per pagare le perdite di
altre banche e avere così il privilegio di essere gli unici creditori.
E. Io sarò ingenuo perché vivo qui, dove il
massimo dell’eccesso è il bollito misto del giovedì, ma, se così è, qualche cosa
da nascondere c’era o c’è: ma forse il titolare dell’azienda e quello della
banca erano e sono amici?
W. Si, si dice che
si conoscono, che si parlano e, forse, hanno insieme interessi in altre
società.
E. Ma dimmi, qualcuno qualcosa paga?
W. Gli Azionisti sì,
i vertici, invece, sono sempre lì.
E. Sono sempre più confuso. Se i magazzini sono
pieni, allora vuol dire che c’è abbondanza, ma poi le casse sono vuote, e
comunque gli stati le riempiono stampando moneta per comprare i c.d. “titoli
tossici”.
W. Come sempre non
si inventa mai nulla di nuovo. Tutto cambia e niente si inventa. Si abbandona
il burraco e si ritorna al monopoli.
E. Allora se io ho Viale Margherita e tu tre
alberghi, ci cambiamo le figurine e abbiamo l’impressione di aver fatto
l’affare. Se così è caro amico, prepara un po’ di figurine che ce le scambiamo e
quello che sarà il gioco del 2009, si
chiamerà “Carta contro Carta”. Lo faremo sulla piazza Grande in un comodo
tavolo del Caffè Centrale. Da qui potremo leggere tutto quanto succede ad
uomini indaffarati e noi che siamo staccati dai loro problemi ci chiederanno
cosa fanno e dove vanno.
W. E ci chiederemo
se tutti questi uomini che compaiono sulla stampa, sono loro ad aver inventato
le storie e se sono le storie che hanno inventato loro.
E. Ma ora, lasciamo perdere le grandi
situazioni che competono ad altri.
Raccontami invece di te, del nostro “particolare”. Se non m’inganno hai l’aria
soddisfatta.
W. Ti racconto: avevo tempo, non sapevo a cosa
applicarmi, avevo un fienile ed una barchessa vuota ed ho iniziato un’attività
di insegne luminose. Ho preso come clientela il settore banche. Ebbene, ogni
anno ho triplicato il fatturato. Ho continuato a cambiare insegne. Per lo
stesso gruppo ho cancellato Cariplo, Ambrosiano, Comit, Popolari Venete. Ho
fatto insegne bellissime a nome Intesa con i colori dell’arcobaleno. Le ho messe
da tante parti, poi le ho rismontate. Ho tolto Intesa, ho messo Credit Agricole
e così via………….., Unicredit, Sanpaolo Imi, Banca di Roma, Banco di Sicilia,
Capitalia e così via. Fai, togli, disfa e pure ben pagato. Ho scelto il settore
giusto. Qui da noi le insegne, al di là delle banche, non cambiano. Ne ho fatta
una tempo fa’ con scritto “Latteria” ed è sempre lì.
E. Ma la gente? Capisce? Come si orizzonta? Fin
che cambiano i prodotti………., ma quando cambia anche il marchio ………..come si
orizzonta?
W. In realtà caro
amico devi sapere che gli uomini sono pigri. Non cambiamo l’abitudine dello
sportello, così come non cambiamo la religione che si ritrovano da quando
vengono al mondo. Scelgono le donne non andandole a cercare o a conquistare, ma
prendendo quello che capita sottomano; non sanno che banche, donne e religione
sono cose importanti e si devono scegliere!
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