BANCHE, IMPRESE E CAPITALI
Ottobre 2011
(dialogo fra
Wladimiro ed Estragon al Caffè Centrale di Piazza Maggiore in un paese di Provincia)
W: Caro amico, oggi ti vedo un po’ assente, etereo.
Spiegami il tuo distacco preoccupato.
E.: Mi sento
in una specie di limbo da un anno e
mezzo. Non siamo finiti all’inferno, ma non siamo in paradiso, e più che in
purgatorio, come diceva il poeta, stiamo come le foglie d’autunno sugli alberi:
non vedi che da ormai molto tempo i nostri imprenditori stanno fermi al nastro
di partenza, presi dai loro timori, con poco coraggio?
W.: Ce lo siamo
già detti tante volte: il sistema bancario ha ridotto gli impieghi, il centro
dell’economia si è spostato ad Est e i nostri imprenditori non hanno le
dimensioni sufficienti per competere in quelle aree.
E.: Sì, ma
l’Italia ha l’animus dell’imprenditore, è parte del nostro codice genetico, ci
siamo inventati le cd “multinazionali tascabili”, eppure, mentre il resto del
mondo gira a gran velocità, noi ci muoviamo al rallentatore, come se mancasse
non solo l’energia, ma ci fosse un freno tirato. E secondo me, il freno tirato è la mancanza di
capitali: capitali di rischio soprattutto, e mancanza di un sistema vero per
raccogliere i capitali di rischio.
W.: Ma non esistono i fondi di private equity, la
Borsa con i suoi segmenti STAR, MTA, AIM, le cd. “SPAC”, le “investing
companies” i fondi mezzanini? E poi l’Italia non è uno dei paesi a maggior
tasso di risparmio?
E.: Certo, è tutto vero, ma proprio nel momento in
cui è necessario canalizzare il capitale verso le imprese, l’Italia sta subendo un effetto che mio
figlio - che lavora in una filiale italiana di una banca estera (eterea come il
mio spirito attuale)- definisce di “spiazzamento”:
il risparmio viene scientemente convogliato verso due soggetti che sono lo
Stato, che deve finanziare il deficit, e le banche, che sono state obbligate a
lanciare aumenti di capitale imponenti
W.: La copertura del fabbisogno dello Stato è ormai
cosa secolare, finchè non avremo un Quintino Sella o un Giolitti difficilmente torneremo
ad essere un paese virtuoso, ma spiegami perché mi parli delle banche, dimmi
perché nuocciono alle imprese: non dovrebbe essere il contrario? Banche più
solide possono finanziare di più e meglio i propri clienti!
E.: Torna con la memoria alla Tempesta Perfetta del
Settembre Rosso 2008, quando una grande banca americana fallì facendo saltare
la diga della finanza di carta e della fiducia interbancaria: cosa fecero
all’epoca le banche? Chiesero ai loro clienti, in modo forsennato e selvaggio,
di rimborsare i finanziamenti in essere e negarono nuovi fidi. Qual è stata la
lezione appresa sulla pelle da parte dei nostri imprenditori? Che delle banche
non ci si può fidare, che i prestiti vanno presi con molta attenzione e che se
occorre avviare una qualche iniziativa, i capitali di rischio, il cd. “equity”,
sono l’unico mezzo per essere sereni. Quindi “no equity, no party”!!
W.: Meglio, no? Avremo imprese più solide e meno
indebitate.
E.: Non sono d’accordo, caso mai avremo sì imprese
più solide, ma avremo anche molte meno imprese, perché l’Italia è
sottocapitalizzata, manca l’equity: manca sia nelle aziende familiari, sia
nelle aziende di proprietà dei fondi di private equity che le comprano con leve
gigantesche; caro amico mio le imprese italiane sono piene di debiti il cui
rimborso non consente di fare i nuovi e necessari investimenti per competere con il resto del
mondo.
W.: Sono
sempre i solti discorsi, ma spiegami perché la borsa non funziona per portare i
capitali di rischio alle imprese
E.: Perché la
borsa italiana oggi finanzia per oltre due terzi il sistema bancario e le aziende di Stato; in più abbiamo voluto
come paese entrare nel club dei potenti, e chiedere il governo della Banca
Centrale Europea, e questa mossa è stata una vera sciagura.
W.: Non
capisco, avere un italiano al vertice della banca centrale significa non solo
prestigio ma poter influenzare le decisioni di politica economica e monetaria
anche a favore del nostro paese.
E.: Amico mio,
i quarti di nobiltà si pagano da sempre e, come nella Serenissima Repubblica di
Venezia, l’iscrizione nel Libro d’Oro ha un prezzo elevato: il prezzo è stato
che il sistema bancario ha dovuto dimostrare senza ombra di dubbio di essere
forte e solido; in altre parole il prezzo è stato un irrobustimento, secondo me
esagerato, della patrimonializzazione delle banche costrette da Bankitalia a
lanciare aumenti di capitale a tutto spiano: si parla di oltre 11 miliardi di
Euro, una manovra economica!
W.: Hai ragione! A dimostrazione di quanto hai detto
e della loro scarsa utilità, una banca belga che aveva un cor tier del 12% è
fallita negli scorsi mesi mentre le nostre modeste banche con un cor tier
dell’8% sono vive e vegete.
E.: Inoltre se
tieni presente che il risparmio nazionale è stabile, è chiaro che i soldi dati
alle banche non potranno andare a sostenere nuove quotazioni e aumenti di
capitale del sistema impresa. Invece avrebbero dovuto fare il contrario, perché
con imprese clienti più solide il loro rating sarebbe migliorato e di molto.
W.: Ma forse ciò che tu dici sarà vero nel brevissimo
termine, però un sistema bancario solido
garantisce stabilità nella gestione del risparmio e che l’economia non si
blocchi per cause finanziarie.
E.: Può darsi che nel lungo termine la stabilità finanziaria
sia raggiunta, ma nel breve si potrebbe avere una forma di soffocamento delle
imprese. Insomma, ne vedremo delle belle: banche solide ed imprese gracili,
prede a disposizione degli stranieri o comunque destinate al piccolo
cabotaggio.
W.: Ma una delle imprese alimentari italiane del
settore lattiero caseario più solide e con più soldi in cassa di tutti i suoi
concorrenti è stata comprata da uno straniero, invece, secondo il tuo
ragionamento sarebbe dovuto avvenire il contrario.
E.: Considera la proprietà di quell’impresa, fatta solo
da investitori istituzionali pronti sempre a rivendere se c’è un profitto e
considera il resto del settore alimentare italiano, fatto da imprenditori
privati tutti indebitati con le banche. Al momento di creare la cordata
nazionale per la difesa del “suolo sacro”, nessuno si è fatto avanti, proprio
perché nessuno aveva le finanze necessarie.
W.: Insomma, il vero problema che tu vedi è la
mancanza di capitale di rischio da parte delle imprese, e il fatto che il
sistema finanziario italiano è indirizzato a fornire capitale solo alle banche;
ma perdonami, le imprese generano profitti, quindi cash-flow, quindi si creano
il loro capitale
E.: È vero, ma
l’Italia oggi ha poche imprese in settori ad alta profittabilità, quindi in
Italia si genera troppo poco profitto. Non ci resta che sperare nel codice
genetico dell’imprenditore italiano, che, di fronte ad un mondo più difficile, si
dia quel colpo di reni che ha sempre contraddistinto il nostro paese in queste
occasioni. E la speranza, in questo caso, è quasi una certezza!
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