Maggio 2018
(dialogo fra Wladimiro ed Estragon al Caffè Centrale di Piazza Maggiore in un paese di Provincia)
W: Caro amico, spiegami perchè stai sbuffando.
E: sbuffo di noia e stizza perché siamo in una bellissima piazza di provincia, opulenta ed elegante ma sempre uguale e dove non succede mai niente di nuovo: una chiesa splendida, palazzi antichi che si affacciano maestosi e un po’ fatiscenti, ma sempre eternamente uguale.
W.: sì, ma è ciò che avviene in tutte le provincie italiane. Solo in primavera arrivano gli uccellini e alla sera cantano come se si incontrassero per la prima volta.
E.: non succede mai niente di nuovo non solo nelle piazze di provincia, ma anche nel mondo finanziario italiano: tante belle aziende, sempre più vecchie che non innovano e muoiono o rimangono piccole, tante persone ricche che invecchiano.
W.: spiegati amico mio, non ti capisco.
E.: proverò a passare dalla visione lirica ai fatti: la Banca d’Italia ha rilevato nella sua relazione annuale del 2017 che gli italiani hanno un patrimonio finanziario di 4.160 miliardi di Euro, oltre ad una ricchezza patrimoniale che è altrettanto grande se non superiore, e questa è l’equivalente della nostra piazza.
W.: beh, ciò significa che gli italiani stanno mediamente tutti bene. Ma cosa c’entra con le nostre piazze!?
E.: la ricchezza non è equamente distribuita, non tanto a livello geografico o sociale, quanto a livello anagrafico, tra vecchi che sono ricchi, e i giovani, che sono invece poveri: infatti nelle nostre piazze di provincia vedi solo palazzi antichi, tutti un po’ cadenti e pochissimi palazzi nuovi che peraltro non hanno lo stesso valore artistico e architettonico di quelli di una volta. Ecco perché sbuffo perché da noi non succede mai niente: finchè la ricchezza è così distribuita, continuerà a non succedere mai niente di nuovo. Ci sono paesi dove invece le piazze vivono perché si rinnovano, perché accanto ai palazzi antichi sorgono anche palazzi nuovi, e palazzi vecchi che vengono completamente rinnovati.
W.: ma spiegami perché non dovrebbe succedere mai niente; se gli italiani hanno così tanti risparmi finanziari, che sono pari a quasi il doppio del debito pubblico del paese e a quasi 2,5 volte il PIL, significa anche che in un momento difficile possono riprendersi facilmente.
E.: e qui ti sbagli, e lo si può vedere da come l’Italia è uscita dalla recessione: mentre gli USA o la Germania si sono ripresi in pochi anni (gli USA dal 2011 e la Germania dal 2013), noi siamo tornati ad avere una crescita decente del PIL solo negli ultimi 2 anni, quindi con un ritardo di 5 anni rispetto alla Germania e quasi 7 anni dagli Stati Uniti.
W.: ma come mai siamo in questa situazione?
E.: vedi, i famosi 4.160 miliardi sono così distribuiti: 1.140 miliardi sono depositi bancari, quindi denaro che non frutta e sostanzialmente dorme e non muove il PIL. Tieni conto che a livello europeo è un'anomalia, nessun altro paese tiene così tanto denaro liquido non investito.... Gli altri 3 mila miliardi sono investiti in titoli di vario genere.
W.: proprio non ti capisco. Se solo mille miliardi sono in depositi bancari e, come dici tu, dormono, gli altri 3 mila miliardi sono invece messi a profitto.
E.: sì ma sono messi a profitto male e non aiutano la nostra economia a ripartire.
W.: continuo a non capirti.
E.: mio figlio, che nella banca di Londra dove lavora si occupa anche di analisi strategico-finanziaria dei paesi europei mi ha segnalato alcuni dati: Assogestioni ha rilevato nel suo ultimo bollettino di marzo 2018 che il risparmio gestito degli italiani è pari a 2.080 miliardi circa. Quindi 1.000 miliardi sono gestiti direttamente dalle persone fisiche, gli altri 2.080 sono in mano all’industria dei servizi finanziari. Un altro dato da tener conto per il mio ragionamento è che la Borsa italiana capitalizza (MTA + AIM) all’incirca 660 miliardi di cui circa 45 miliardi il valore complessivo delle aziende quotate allo STAR e circa 7 miliardi di imprese quotate all’AIM.
W.: adesso inizio a seguirti! Effettivamente l’Italia ha una borsa molto piccola, e se si considera che la sola APPLE capitalizza in Borsa oltre 800 miliardi di Euro, vuol dire che tutte le aziende italiane quotate valgono meno di una sola azienda americana! Ma la domanda vera, a questo punto è: dove finiscono i risparmi degli italiani?
E.: caro amico, vedo che mi stai superando nelle speculazioni da bar! Ti segnalo un altro dato: l’Ufficio studi di Unimpresa ha pubblicato nei primi mesi del 2018 un’analisi basata sulle statistiche di Bankitalia del 2017 in cui si evidenzia che oltre il 50% delle azioni delle società quotate è in mano a fondi esteri. A questo punto, se si considera che lo Stato e i vari Enti Pubblici (per società come ENI, ENEL, TERNA, Leonardo, A2A, etc) e alcune famiglie (Bombassei, Benetton, Delvecchio, Caltagirone, Berlusconi, Agnelli, Vacchi, etc.) controllano molte delle società quotate, i calcoli che ciascuno di noi può fare è che il risparmio italiano investito in titoli, i famosi 3 mila miliardi, investe sulla borsa del suo paese forse 200 miliardi, circa il 7% del proprio patrimonio…
W.: ho compreso dove vuoi arrivare! Da questi numeri emerge che il risparmio italiano non ha mai guardato alla Borsa nè come uno strumento di accrescimento della propria ricchezza, nè come strumento per far crescere il proprio paese.
E.: esatto! Quindi il risparmio italiano è stato incanalato in investimenti prevalentemente esteri (e in titoli di Stato, quindi a rendimento quasi vicino allo zero) favorendo in questo modo i paesi in cui quelle industrie hanno sede.
W.: hai ragione. Un paese in crisi e malato si risolleva solo con un colpo di reni e con un po’ di energia, ma se l’energia del paese – cioè il risparmio – viene indirizzata altrove, il paese continua a rimanere malato!
E.: per questo ti dico che nel nostro paese non succede niente di nuovo, perché i palazzi sono vecchi, belli ma vecchi, e prima o poi diventano dei mausolei fatiscenti e cadono, oppure li compra qualche straniero.
W.: effettivamente, se si guarda ad aziende come Gucci, Loro Piana, Bulgari, tutti nomi bellissimi e finiti in mano a stranieri, il panorama è desolante. Persino Parmalat – una delle poche aziende strategiche dal punto di vista alimentare - è finita in mano a francesi e probabilmente finirà come Buitoni Perugina, che ha chiuso quasi tutti gli stabilimenti ed è rimasto solo il marchio.
E.: quelle aziende sono come i bei palazzi delle nostre piazze di provincia: diventano fatiscenti e poi arriva qualche straniero che li compra. Ma nuovi palazzi, cioè nuove imprese, non se ne costruiscono perché l’energia, cioè il risparmio va da altre parti.
W.: ma cosa si può fare?
E.: qualcosa si sta muovendo, soprattutto grazie alla legge sui PIR. Convertire la cultura esterofila di un paese richiederebbe una generazione, ma questa volta, grazie al fatto che i PIR sono esentasse, forse basterà qualche anno.
W.: allora speriamo di ritrovarci qui fra qualche anno e vedere, tra palazzi antichi qualche bel palazzo nuovo disegnato da un architetto di grido!
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