IMPRESE, BANCHE, PRIVATE EQUITY E BORSA
Luglio 2014
(dialogo fra Wladimiro ed Estragon al Caffè Centrale di
Piazza Maggiore in un paese di Provincia)
W: Caro amico, come
mai stai mettendo in modo ordinato le carte su un tavolino del bar, e come mai
hai messo tante carte sparpagliate su un altro tavolino di fianco, tu che a
carte non hai mai giocato?
E.: Questo
gioco si chiama “rubamazzetto bancario” e mi serve per farti capire con le
carte quello che mio figlio mi ha raccontato ieri sera. Adesso che lavora a
Londra per una banca internazionale che opera molto anche in Italia, ha una
visione che noi spesso non riusciamo ad avere sulle dinamiche finanziarie del
nostro paese, delle banche, dei fondi di private equity e della borsa.
W.: La gente comune dice che la finanza è un mondo di
biscazzieri, ma se parli con i banchieri in questo modo, ti rispondono con pistolotti
di ore sull’etica dell’istituzione bancaria, su come i fondi di private equity
hanno creato valore per l’Italia, etc etc. Ma illustrami il tuo pensiero.
E.: Ora ti
spiego: il tavolino con le carte ordinate è il mondo del private equity; le
carte blu scoperte sono i gestori dei fondi di private equity, i mazzetti delle
carte rosse coperte vicino ad ogni carta blu scoperta sono i soldi che ogni gestore
ha raccolto. In realtà, almeno in Italia che è banco-centrica, sono le banche che
creano il mercato del private equity. Il valore della carta scoperta corrisponde
alla capacità del gestore di far moltiplicare i soldi che riceve in gestione:
un re è molto bravo, un 2 è scarso, a meno che non sia di “briscola”.
W.: Sì, ma che
c’entra con i soldi?
E.: I soldi
che i gestori dei fondi di private equity ricevono provengono generalmente
dalle banche; quindi sono in parte loro capitale, in parte sono denari dei
depositanti, in parte di clienti della banca che investono in modo diretto nel
fondo, proprio in quanto la banca è un investitore. Molte volte è la banca che
li convince consigliando loro di investire lo stesso importo che investe la
banca stessa. Quindi, se c’è un mazzetto di 4 carte rosse coperte, significa
che la banca ha messo 1 carta dei propri capitali, 2 carte sono i soldi
raccolti dai risparmiatori e 1 carta sono investitori istituzionali che si sono
convinti dell’affare.
W.: E l’altro tavolino con le carte rosse e blu sparpagliate?
E.: Quello
rappresenta il mercato dei capitali, cioè la borsa, dove il mondo è fluido e
dove i gestori, che sono diventati indipendenti dalle banche, operano in
concorrenza non solo tra loro ma anche con i privati e dove il denaro corre in
modo anche irrazionale; ecco il perché delle carte – tutte coperte – e sparpagliate.
W.: Spiegami allora come funziona il “rubamazzetto”
con il mondo ordinato rispetto e con quello disordinato.
E.: Amico mio,
il mondo della borsa sembra disordinato, ma è come l’acqua, si livella in modo
preciso dappertutto. L’altro, invece, è come un insieme di mucchi di neve: in
alcune parti sono più alti, in altre
sono più bassi, ma sempre neve è.
W.: Ti
capisco poco, ma spiegami meglio queste differenze.
E.: Fino a
qualche anno fa, molti gestori di private equity compravano aziende su
indicazione delle banche investitrici. L’acquisto era sempre finanziato con
indebitamenti rilevanti, che venivano concessi sempre dalle stesse banche
investitrici. I managers spremevano le aziende per consentire i rimborsi degli
enormi debiti contratti. Appena si poteva far vedere che i rimborsi iniziavano,
il gestore cedeva l’azienda ad una altro fondo di private equity diretto da un
altro gestore che chiedeva alle banche – loro consulenti e investitrici nel
fondo – altri finanziamenti ancora più alti. Quindi le carte coperte del
gestore “5 di Quadri” venivano passate al gestore “7 di Cuori”.
W.: Mio
caro amico, ma questo è noto: in Italia i fondi di private equity si sono
scambiati le figurine per molto tempo comprandosi e ricomprandosi le stesse aziende
per valori sempre più alti e per aziende sempre più spremute al punto da non
essere più in grado, in qualche caso, di fare gli investimenti minimi di
manutenzione.
E.: E’
verissimo, ma siccome non sono figurine, ma tanto denaro, occorre capire bene
cosa è successo: le carte coperte che passano da un gestore dall’altro sono in
parte rimaste sul tavolo, in parte sono state riprese dal mazziere, che ha
appunto rubato il mazzetto. In questo tavolo il mazziere è il sistema bancario
che per anni si è arricchito facendo moltiplicare le carte e ritirando solo
quelle relative al proprio profitto. Poiché le banche sono investitori degli
stessi fondi ai quali fanno anche sia da advisor, sia da finanziatore, alla
fine sono i banchieri che decidono come, quando e quante carte spostare da un
gestore di un fondo ad un altro e quando rubare il mazzetto.
W.: E con
questo mi confermi che l’Italia è un paese che, nonostante si parli di Borsa,
AIM, arrivo di nuovi investitori stranieri, è sempre nelle mani del sistema
bancario.
E.: La
situazione dal 2008 ha iniziato a cambiare, ma ci vorrà ancora molto tempo.
W.: Certo, volendo seguire il tuo discorso, nel famoso
“Settembre Rosso” del 2008, una gamba del tavolo si è rotta e molte carte sono
scivolate per terra.
E.: Caro
amico, hai colto al volo la mia parafrasi! Esatto, con il crack della Lehman,
le banche hanno iniziato a non fidarsi più l’una dell’altra, è come se, appunto
come dici tu, si fosse rotta una gamba del tavolo e le carte fossero cadute.
W.: Ma perché mi dici che ci vorrà ancora molto
tempo?
E.: Per vari
motivi. Tieni conto che, grazie alla Banca Centrale, il tavolino è stato
riparato, ma la mentalità è rimasta. Infatti avendo meno carte sul tavolino
riparato, le banche hanno pensato bene di prendere un po’ di carte dal tavolino
con le carte sparpagliate, cioè dal mercato borsistico per rifarsi dei mazzetti
caduti per terra.
W.: Quindi mi
dici che il sistema bancario utilizza il denaro dei risparmiatori per rientrare
dei propri investimenti?
E.: Certamente,
basta analizzare assieme le nuove quotazioni in Borsa ai segmenti MTA e STAR:
tra gennaio 2013 e luglio 2014 sono state quotate 6 società in tutto; di queste,
4 avevano come azionisti di maggioranza fondi di private equity e una quinta
società è una SGR che una banca italiana ha quotato per migliorare i suoi
ratios patrimoniali. Considera che sono sempre le stesse banche che sono sia investitrici
dei fondi di private equity azionisti delle società quotande, sia advisors del
processo di quotazione sia, infine finanziatrici dei “leverage” creati
inizialmente; quindi puoi ben capire che le banche hanno potuto prendere i
mazzetti sparpagliati e portarseli via, e anche in questo caso vale la regola
che “il banco vince sempre”!
W.: Indubbiamente hai una visione molto cruda del
sistema. Ma perché dici che il sistema sta cambiando anche se molto lentamente?
E.: Mio caro
amico, il tavolino con le carte sparpagliate, che è il vero mercato dei
capitali, è difficilmente controllabile, ci sono molti operatori che investono
solo se vedono il profitto. Infatti, delle 6 società solo 3 sono sopra il
prezzo di collocamento e 1 di queste, dicono fonti di mercato è stata tenuta in
alto dalle banche del consorzio di collocamento. Questa situazione ha fatto sì
che molti investitori di Borsa hanno iniziato a guardare le quotazioni di
società controllate dai fondi di private equity come delle “fregature” e non
vogliono farsi rubare i mazzetti.
W.: Quindi,
secondo il tuo ragionamento, gli investitori di Borsa sono diventati molto
diffidenti rispetto alle quotazioni di aziende partecipate da fondi di private
equity.
E.: Infatti,
altre 2 società dovevano essere quotate nel mese di luglio 2014 in cui gli
azionisti di riferimento erano fondi di private equity; tali società avevano
debiti finanziari ingenti che sarebbero stati rimborsati con il denaro
derivante dalla quotazione, ma i gestori non hanno apprezzato le operazioni e
le società sono state – come si dice in gergo – “ritirate dal mercato”.
W.: Quindi questo atteggiamento dei mercati
borsistici dovrebbe servire anche per modificare un comportamento poco etico
delle banche?
E.: Probabilmente
sì, anche perché il rubamazzetto non è salutare per l’Italia. Pensa a quanti
soldi sono stati prestati ai fondi per comprare aziende con “leverage buy-out”
enormi il cui rimborso toglie ossigeno alla crescita. E non solo le imprese
indebitate non sono cresciute, ma le banche hanno distolto denaro al
finanziamento delle imprese sane per consentire loro di migliorare e
svilupparsi, quindi con un danno doppio per il paese.
W.: Capisco quello che dici, e sono convinto che
questo comportamento ha ingenerato tante emulazioni da parte di tanti “2 di
picche non di briscola”, cioè da parte di gestori non professionali e poi dal
rubamazzetto si è passato ai giochi d’azzardo, altrimenti non si spiegherebbero
così tante crisi industriali.
E.: Ecco amico
mio, hai perfettamente capito cosa volevo dire. Ma tieni conto che mentre da
Gennaio 2013 a Luglio 2014 si sono quotate 6 grandi aziende, all’AIM invece se
ne sono quotate oltre 20; inoltre i capitali raccolti sono stati in maggioranza
destinati allo sviluppo, perché pochissime sono state le azioni poste in
vendite dai soci, anche perché non c’erano tra i soci fondi di private equity.
W.: Se però
dobbiamo attenerci alle statistiche, le quotazioni all’AIM non hanno ancora
dato soddisfazioni ai risparmiatori, la maggior parte delle azioni sono vicine
o sotto il prezzo di quotazione.
E.: Hai ragione, certo, ma
sono comunque soldi che sono stati destinati allo sviluppo e non al rimborso
delle banche, quindi servono fare crescere piccole imprese i cui risultati si
potranno vedere solo nel medio termine. In pratica sono dei “jolly” che
potrebbero al momento giusto trasformarsi in Assi di Denari!
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