mercoledì 30 luglio 2014

IMPRESE, BANCHE, PRIVATE EQUITY E BORSA
Luglio 2014

(dialogo fra Wladimiro ed Estragon al Caffè Centrale di Piazza Maggiore in un paese di Provincia)

W:  Caro amico, come mai stai mettendo in modo ordinato le carte su un tavolino del bar, e come mai hai messo tante carte sparpagliate su un altro tavolino di fianco, tu che a carte non hai mai giocato?

E.:   Questo gioco si chiama “rubamazzetto bancario” e mi serve per farti capire con le carte quello che mio figlio mi ha raccontato ieri sera. Adesso che lavora a Londra per una banca internazionale che opera molto anche in Italia, ha una visione che noi spesso non riusciamo ad avere sulle dinamiche finanziarie del nostro paese, delle banche, dei fondi di private equity e della borsa.  

W.: La gente comune dice che la finanza è un mondo di biscazzieri, ma se parli con i banchieri in questo modo, ti rispondono con pistolotti di ore sull’etica dell’istituzione bancaria, su come i fondi di private equity hanno creato valore per l’Italia, etc etc. Ma illustrami il tuo pensiero.

E.:   Ora ti spiego: il tavolino con le carte ordinate è il mondo del private equity; le carte blu scoperte sono i gestori dei fondi di private equity, i mazzetti delle carte rosse coperte vicino ad ogni carta blu scoperta sono i soldi che ogni gestore ha raccolto. In realtà, almeno in Italia che è banco-centrica, sono le banche che creano il mercato del private equity. Il valore della carta scoperta corrisponde alla capacità del gestore di far moltiplicare i soldi che riceve in gestione: un re è molto bravo, un 2 è scarso, a meno che non sia di “briscola”. 

W.: Sì, ma che c’entra con i soldi?

E.:   I soldi che i gestori dei fondi di private equity ricevono provengono generalmente dalle banche; quindi sono in parte loro capitale, in parte sono denari dei depositanti, in parte di clienti della banca che investono in modo diretto nel fondo, proprio in quanto la banca è un investitore. Molte volte è la banca che li convince consigliando loro di investire lo stesso importo che investe la banca stessa. Quindi, se c’è un mazzetto di 4 carte rosse coperte, significa che la banca ha messo 1 carta dei propri capitali, 2 carte sono i soldi raccolti dai risparmiatori e 1 carta sono investitori istituzionali che si sono convinti dell’affare.

W.: E l’altro tavolino con le carte rosse e blu sparpagliate?

E.:  Quello rappresenta il mercato dei capitali, cioè la borsa, dove il mondo è fluido e dove i gestori, che sono diventati indipendenti dalle banche, operano in concorrenza non solo tra loro ma anche con i privati e dove il denaro corre in modo anche irrazionale; ecco il perché delle carte – tutte coperte – e sparpagliate.

W.: Spiegami allora come funziona il “rubamazzetto” con il mondo ordinato rispetto e con quello disordinato.

E.:  Amico mio, il mondo della borsa sembra disordinato, ma è come l’acqua, si livella in modo preciso dappertutto. L’altro, invece, è come un insieme di mucchi di neve: in alcune parti sono più alti,  in altre sono più bassi, ma sempre neve è.

W.:  Ti capisco poco, ma spiegami meglio queste differenze.

E.:   Fino a qualche anno fa, molti gestori di private equity compravano aziende su indicazione delle banche investitrici. L’acquisto era sempre finanziato con indebitamenti rilevanti, che venivano concessi sempre dalle stesse banche investitrici. I managers spremevano le aziende per consentire i rimborsi degli enormi debiti contratti. Appena si poteva far vedere che i rimborsi iniziavano, il gestore cedeva l’azienda ad una altro fondo di private equity diretto da un altro gestore che chiedeva alle banche – loro consulenti e investitrici nel fondo – altri finanziamenti ancora più alti. Quindi le carte coperte del gestore “5 di Quadri” venivano passate al gestore “7 di Cuori”.

W.: Mio caro amico, ma questo è noto: in Italia i fondi di private equity si sono scambiati le figurine per molto tempo comprandosi e ricomprandosi le stesse aziende per valori sempre più alti e per aziende sempre più spremute al punto da non essere più in grado, in qualche caso, di fare gli investimenti minimi di manutenzione.

E.:   E’ verissimo, ma siccome non sono figurine, ma tanto denaro, occorre capire bene cosa è successo: le carte coperte che passano da un gestore dall’altro sono in parte rimaste sul tavolo, in parte sono state riprese dal mazziere, che ha appunto rubato il mazzetto. In questo tavolo il mazziere è il sistema bancario che per anni si è arricchito facendo moltiplicare le carte e ritirando solo quelle relative al proprio profitto. Poiché le banche sono investitori degli stessi fondi ai quali fanno anche sia da advisor, sia da finanziatore, alla fine sono i banchieri che decidono come, quando e quante carte spostare da un gestore di un fondo ad un altro e quando rubare il mazzetto. 

W.: E con questo mi confermi che l’Italia è un paese che, nonostante si parli di Borsa, AIM, arrivo di nuovi investitori stranieri, è sempre nelle mani del sistema bancario.

E.:   La situazione dal 2008 ha iniziato a cambiare, ma ci vorrà ancora molto tempo.

W.: Certo, volendo seguire il tuo discorso, nel famoso “Settembre Rosso” del 2008, una gamba del tavolo si è rotta e molte carte sono scivolate per terra.

E.:  Caro amico, hai colto al volo la mia parafrasi! Esatto, con il crack della Lehman, le banche hanno iniziato a non fidarsi più l’una dell’altra, è come se, appunto come dici tu, si fosse rotta una gamba del tavolo e le carte fossero cadute.

W.: Ma perché mi dici che ci vorrà ancora molto tempo?

E.:  Per vari motivi. Tieni conto che, grazie alla Banca Centrale, il tavolino è stato riparato, ma la mentalità è rimasta. Infatti avendo meno carte sul tavolino riparato, le banche hanno pensato bene di prendere un po’ di carte dal tavolino con le carte sparpagliate, cioè dal mercato borsistico per rifarsi dei mazzetti caduti per terra.

W.: Quindi mi dici che il sistema bancario utilizza il denaro dei risparmiatori per rientrare dei propri investimenti?

E.:  Certamente, basta analizzare assieme le nuove quotazioni in Borsa ai segmenti MTA e STAR: tra gennaio 2013 e luglio 2014 sono state quotate 6 società in tutto; di queste, 4 avevano come azionisti di maggioranza fondi di private equity e una quinta società è una SGR che una banca italiana ha quotato per migliorare i suoi ratios patrimoniali. Considera che sono sempre le stesse banche che sono sia investitrici dei fondi di private equity azionisti delle società quotande, sia advisors del processo di quotazione sia, infine finanziatrici dei “leverage” creati inizialmente; quindi puoi ben capire che le banche hanno potuto prendere i mazzetti sparpagliati e portarseli via, e anche in questo caso vale la regola che “il banco vince sempre”!

W.: Indubbiamente hai una visione molto cruda del sistema. Ma perché dici che il sistema sta cambiando anche se molto lentamente?

E.:  Mio caro amico, il tavolino con le carte sparpagliate, che è il vero mercato dei capitali, è difficilmente controllabile, ci sono molti operatori che investono solo se vedono il profitto. Infatti, delle 6 società solo 3 sono sopra il prezzo di collocamento e 1 di queste, dicono fonti di mercato è stata tenuta in alto dalle banche del consorzio di collocamento. Questa situazione ha fatto sì che molti investitori di Borsa hanno iniziato a guardare le quotazioni di società controllate dai fondi di private equity come delle “fregature” e non vogliono farsi rubare i mazzetti.

W.: Quindi, secondo il tuo ragionamento, gli investitori di Borsa sono diventati molto diffidenti rispetto alle quotazioni di aziende partecipate da fondi di private equity.

E.:   Infatti, altre 2 società dovevano essere quotate nel mese di luglio 2014 in cui gli azionisti di riferimento erano fondi di private equity; tali società avevano debiti finanziari ingenti che sarebbero stati rimborsati con il denaro derivante dalla quotazione, ma i gestori non hanno apprezzato le operazioni e le società sono state – come si dice in gergo – “ritirate dal mercato”.

W.: Quindi questo atteggiamento dei mercati borsistici dovrebbe servire anche per modificare un comportamento poco etico delle banche?

E.:   Probabilmente sì, anche perché il rubamazzetto non è salutare per l’Italia. Pensa a quanti soldi sono stati prestati ai fondi per comprare aziende con “leverage buy-out” enormi il cui rimborso toglie ossigeno alla crescita. E non solo le imprese indebitate non sono cresciute, ma le banche hanno distolto denaro al finanziamento delle imprese sane per consentire loro di migliorare e svilupparsi, quindi con un danno doppio per il paese.

W.: Capisco quello che dici, e sono convinto che questo comportamento ha ingenerato tante emulazioni da parte di tanti “2 di picche non di briscola”, cioè da parte di gestori non professionali e poi dal rubamazzetto si è passato ai giochi d’azzardo, altrimenti non si spiegherebbero così tante crisi industriali.

E.:  Ecco amico mio, hai perfettamente capito cosa volevo dire. Ma tieni conto che mentre da Gennaio 2013 a Luglio 2014 si sono quotate 6 grandi aziende, all’AIM invece se ne sono quotate oltre 20; inoltre i capitali raccolti sono stati in maggioranza destinati allo sviluppo, perché pochissime sono state le azioni poste in vendite dai soci, anche perché non c’erano tra i soci fondi di private equity.

W.: Se però dobbiamo attenerci alle statistiche, le quotazioni all’AIM non hanno ancora dato soddisfazioni ai risparmiatori, la maggior parte delle azioni sono vicine o sotto il prezzo di quotazione. 

 E.: Hai ragione, certo, ma sono comunque soldi che sono stati destinati allo sviluppo e non al rimborso delle banche, quindi servono fare crescere piccole imprese i cui risultati si potranno vedere solo nel medio termine.  In pratica sono dei “jolly” che potrebbero al momento giusto trasformarsi in Assi di Denari!










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