lunedì 7 maggio 2018

RISPARMIO CHE FA CRESCERE IL PAESE

Maggio 2018
(dialogo fra Wladimiro ed Estragon al Caffè Centrale di Piazza Maggiore in un paese di Provincia)

W: Caro amico, spiegami perchè stai sbuffando. 
E: sbuffo di noia e stizza perché siamo in una bellissima piazza di provincia, opulenta ed elegante ma sempre uguale e dove non succede mai niente di nuovo: una chiesa splendida, palazzi antichi che si affacciano maestosi e un po’ fatiscenti, ma sempre eternamente uguale.
W.: sì, ma è ciò che avviene in tutte le provincie italiane. Solo in primavera arrivano gli uccellini e alla sera cantano come se si incontrassero per la prima volta.
E.: non succede mai niente di nuovo non solo nelle piazze di provincia, ma anche nel mondo finanziario italiano: tante belle aziende, sempre più vecchie che non innovano e muoiono o rimangono piccole, tante persone ricche che invecchiano.
W.: spiegati amico mio, non ti capisco.
E.: proverò a passare dalla visione lirica ai fatti: la Banca d’Italia ha rilevato nella sua relazione annuale del 2017 che gli italiani hanno un patrimonio finanziario di 4.160 miliardi di Euro, oltre ad una ricchezza patrimoniale che è altrettanto grande se non superiore, e questa è l’equivalente della nostra piazza.
W.: beh, ciò significa che gli italiani stanno mediamente tutti bene. Ma cosa c’entra con le nostre piazze!?
E.: la ricchezza non è equamente distribuita, non tanto a livello geografico o sociale, quanto a livello anagrafico, tra vecchi che sono ricchi, e i giovani, che sono invece poveri: infatti nelle nostre piazze di provincia vedi solo palazzi antichi, tutti un po’ cadenti e pochissimi palazzi nuovi che peraltro non hanno lo stesso valore artistico e architettonico di quelli di una volta. Ecco perché sbuffo perché da noi non succede mai niente: finchè la ricchezza è così distribuita, continuerà a non succedere mai niente di nuovo. Ci sono paesi dove invece le piazze vivono perché si rinnovano, perché accanto ai palazzi antichi sorgono anche palazzi nuovi, e palazzi vecchi che vengono completamente rinnovati. 
W.: ma spiegami perché non dovrebbe succedere mai niente; se gli italiani hanno così tanti risparmi finanziari, che sono pari a quasi il doppio del debito pubblico del paese e a quasi 2,5 volte il PIL, significa anche che in un momento difficile possono riprendersi facilmente.
E.: e qui ti sbagli, e lo si può vedere da come l’Italia è uscita dalla recessione: mentre gli USA o la Germania si sono ripresi in pochi anni (gli USA dal 2011 e la Germania dal 2013), noi siamo tornati ad avere una crescita decente del PIL solo negli ultimi 2 anni, quindi con un ritardo di 5 anni rispetto alla Germania e quasi 7 anni dagli Stati Uniti.
W.: ma come mai siamo in questa situazione?
E.: vedi, i famosi 4.160 miliardi sono così distribuiti: 1.140 miliardi sono depositi bancari, quindi denaro che non frutta e sostanzialmente dorme e non muove il PIL. Tieni conto che a livello europeo è un'anomalia, nessun altro paese tiene così tanto denaro liquido non investito.... Gli altri 3 mila miliardi sono investiti in titoli di vario genere.
W.: proprio non ti capisco. Se solo mille miliardi sono in depositi bancari e, come dici tu, dormono, gli altri 3 mila miliardi sono invece messi a profitto.
E.: sì ma sono messi a profitto male e non aiutano la nostra economia a ripartire.
W.: continuo a non capirti.
E.: mio figlio, che nella banca di Londra dove lavora si occupa anche di analisi strategico-finanziaria dei paesi europei mi ha segnalato alcuni dati: Assogestioni ha rilevato nel suo ultimo bollettino di marzo 2018 che il risparmio gestito degli italiani è pari a 2.080 miliardi circa. Quindi 1.000 miliardi sono gestiti direttamente dalle persone fisiche, gli altri 2.080 sono in mano all’industria dei servizi finanziari. Un altro dato da tener conto per il mio ragionamento è che la Borsa italiana capitalizza (MTA + AIM) all’incirca 660 miliardi di cui circa 45 miliardi il valore complessivo delle aziende quotate allo STAR e circa 7 miliardi di imprese quotate all’AIM.
W.: adesso inizio a seguirti! Effettivamente l’Italia ha una borsa molto piccola, e se si considera che la sola APPLE capitalizza in Borsa oltre 800 miliardi di Euro, vuol dire che tutte le aziende italiane quotate valgono meno di una sola azienda americana! Ma la domanda vera, a questo punto è: dove finiscono i risparmi degli italiani?
E.: caro amico, vedo che mi stai superando nelle speculazioni da bar! Ti segnalo un altro dato: l’Ufficio studi di Unimpresa ha pubblicato nei primi mesi del 2018 un’analisi basata sulle statistiche di Bankitalia del 2017 in cui si evidenzia che oltre il 50% delle azioni delle società quotate è in mano a fondi esteri. A questo punto, se si considera che lo Stato e i vari Enti Pubblici (per società come ENI, ENEL, TERNA, Leonardo, A2A, etc) e alcune famiglie (Bombassei, Benetton, Delvecchio, Caltagirone, Berlusconi, Agnelli, Vacchi, etc.) controllano molte delle società quotate, i calcoli che ciascuno di noi può fare è che il risparmio italiano investito in titoli, i famosi 3 mila miliardi, investe sulla borsa del suo paese forse 200 miliardi, circa il 7% del proprio patrimonio…
W.: ho compreso dove vuoi arrivare! Da questi numeri emerge che il risparmio italiano non ha mai guardato alla Borsa nè come uno strumento di accrescimento della propria ricchezza, nè come strumento per far crescere il proprio paese. 
E.: esatto!  Quindi il risparmio italiano è stato incanalato in investimenti prevalentemente esteri (e in titoli di Stato, quindi a rendimento quasi vicino allo zero) favorendo in questo modo i paesi in cui quelle industrie hanno sede. 
W.: hai ragione. Un paese in crisi e malato si risolleva solo con un colpo di reni e con un po’ di energia, ma se l’energia del paese – cioè il risparmio – viene indirizzata altrove, il paese continua a rimanere malato!
E.: per questo ti dico che nel nostro paese non succede niente di nuovo, perché i palazzi sono vecchi, belli ma vecchi, e prima o poi  diventano dei mausolei fatiscenti e cadono, oppure li compra qualche straniero.
W.: effettivamente, se si guarda ad aziende come Gucci, Loro Piana, Bulgari, tutti nomi bellissimi e finiti in mano a stranieri, il panorama è desolante. Persino Parmalat – una delle poche aziende strategiche dal punto di vista alimentare - è finita in mano a francesi e probabilmente finirà come Buitoni Perugina, che ha chiuso quasi tutti gli stabilimenti ed è rimasto solo il marchio.
E.: quelle aziende sono come i bei palazzi delle nostre piazze di provincia: diventano fatiscenti e poi arriva qualche straniero che li compra. Ma nuovi palazzi, cioè nuove imprese, non se ne costruiscono perché l’energia, cioè il risparmio va da altre parti.
W.: ma cosa si può fare?
E.: qualcosa si sta muovendo, soprattutto grazie alla legge sui PIR. Convertire la cultura esterofila di un paese richiederebbe una generazione, ma questa volta, grazie al fatto che i PIR sono esentasse, forse basterà qualche anno.
W.: allora speriamo di ritrovarci qui fra qualche anno e vedere, tra palazzi antichi qualche bel palazzo nuovo disegnato da un architetto di grido!   


giovedì 8 marzo 2018

BORSA CULTURA E CRESCITA DEL PAESE

 Marzo 2018
(dialogo fra Wladimiro ed Estragon al Caffè Centrale di Piazza Maggiore in un paese di Provincia)

W: Caro amico, tu che come me, vivi in provincia e leggi i giornali locali e le notizie nazionali e internazionali sui siti web del mondo che mi dici di queste elezioni?
E: hanno vinto Lega e M5S perchè hanno toccato la “pancia del paese”; il problema, secondo me, non sono i sentimenti di un popolo, ma come questo popolo percepisce il mondo che gli gira attorno.
W: spiegati meglio mio caro amico, questi partiti hanno vinto perché hanno voluto contrastare la classe politica attuale della quale non ne possono più. Pensa solo a come hanno gestito le crisi bancarie: famiglie rovinate e presidenti di banche fallite ancora sorridenti e a spasso per il paese.
E: e qui ti sbagli. Il problema non è la gestione fatta dal governo di queste crisi ma la percezione che i cittadini ne hanno avuto: il cittadino comune ha percepito – a mio parere erroneamente - una gestione “opaca” volta a coprire i maggiorenti economici (Zonin, il padre di Elena Boschi, gli esponenti del PD senese, etc.) e non a tutelare il risparmiatore.
W: in pratica mi dici che il “common feeling” è stato che il governo e PD hanno voluto continuare a proteggere non solo la classe politica, ma anche la “casta economica”, mentre invece secondo te, hanno cercato, nei limiti imposti dalle norme europee di salvare i risparmiatori….
E: esatto, tieni conto che ai piccoli risparmiatori che avevano investito in obbligazioni subordinate emesse dalle banche fallite, lo Stato Italiano ha concesso un rimborso sostanziale. Altri paesi non lo hanno fatto… Ad onor del vero, ce ne hanno messo anche del loro: una commissione d’inchiesta presieduta da un “mammasantissima” come Casini, la nomina quale Presidente di Leonardo dell’ex capo MPS, considerato uno di quelli che ha affossato il titolo in Borsa di MPS, etc.
W: ti capisco in parte, perché comunque con i risparmi non si scherza e questi ultimi governi invece hanno giocato pesante.
E: in realtà il vero problema è la mancanza di cultura finanziaria ed economica sia livello politico sia molto più in generale a livello di paese. Il popolo italiano, fino al cd “Quantitative Easing” era sempre stato abituato a 2 comportamenti: A) investire in Bot e CCT con redimenti alti; B) affidarsi integralmente alle banche di prossimità per gestire i propri risparmi, considerando le banche di prossimità come l’unica garanzia di serietà.
W: su questo ti dò ragione: contare su un reddito sicuro del 3-4% annuo e di un funzionario di banca che parla il tuo stesso dialetto ha portato generazioni di investitori a dimenticarsi cosa significa gestire in modo attivo il proprio risparmio.
E: esatto! Il Quantitative Easing, che ha portato le banche centrali ad acquistare titoli di stato abbassandone il rendimento a zero, ha costretto i risparmiatori a rendersi conto che il reddito sicuro ma elevato non esiste, e che redditi elevati derivanti da obbligazioni subordinate comportano rischi che - nella vita - possono anche avverarsi.
W: resta il fatto che i governi e i politici niente hanno fatto per segnalare questi pericoli o addirittura impedire che ciò avvenisse.
E: il problema, caro amico non solo regole e vincoli, ma soprattutto la mancanza di cultura finanziaria dei cittadini. Mio figlio che continua a lavorare a Londra in una di queste banche eteree dove non si sa bene cosa sta comprando e cosa sta vendendo, mi dice che anche il gestore del pub sotto casa sua sa cos’è la differenza tra un’obbligazione ordinaria e un’obbligazione subordinata
W: hai ragione, anche perché la differenza non la conoscono neanche gli imprenditori italiani, né quelli grandi né tantomeno quelli piccoli o gli artigiani, o almeno, non la sapevano fino a pochi anni fa.
E: purtroppo in Italia la “finanza” e l’economia reale sono sempre state considerate come cose separate: il fatto che nella Borsa di Milano ci siano pochissime PMI, la dice lunga su come gli imprenditori vedono la “finanza”: la borsa italiana capitalizza meno del 50% del PIL, mentre in tutti gli altri paesi europei le rispettive borse valori hanno valori molti vicini al proprio PIL o superiore.
W: dobbiamo però dire che, dopo i crack bancari, ormai è chiaro a tutti che la “finanza” fa parte dell’economia reale: se le imprese vanno male e non rimborsano i finanziamenti, le banche vanno in crisi. Con le banche in crisi, i risparmiatori perdono i loro risparmi. Con le imprese in crisi, i lavoratori vanno in difficoltà e ritireranno i loro risparmi dalle banche.
E: e con le banche in crisi, non si potranno più finanziare le imprese a meno che  le imprese non raccolgano capitali in Borsa. Se la Borsa ha un valore complessivo vicino al PIL del proprio paese significa che il paese è conscio che l’economia reale e l‘economia finanziaria sono sostanzialmente la stessa cosa.
W: insomma mi stai dicendo che occorre affrontare questo problema di mancanza di cultura. A questo punto sarà compito di questi nuovi politici.
E: certamente, soprattutto in una fase congiunturale critica come quella attuale, in cui l’Italia sta uscendo da una crisi decennale, con una crescita del PIL significativa ma molto al disotto della media del resto dei paesi europei e con rischi futuri molto importanti, perché se la BCE fermerà il Quantitative Easing e rialzerà i tassi, gli oneri aggiuntivi di interessi sul nostro debito pubblico affosseranno tutti i programmi di crescita del paese.
W: e secondo te che si dovrebbe fare?
E: è necessario che questi argomenti diventino pane quotidiano e che questi nuovi soggetti emergenti si assumano anche la responsabilità non solo di capire che cos’è la “finanza”, ma che la “finanza” e l’economia reale sono facce della stessa medaglia.
W: però oggi le imprese sono più propense al dialogo con gli investitori e aperte alla Borsa, sono entrati in funzione i PIR che devono investire anche nelle PMI italiane, all’AIM si sono quotate più di 100 imprese medio piccole.
E: è vero, ma è anche vero che siamo ancora un paese – a livello di cittadini e di politici - molto arretrato su queste tematiche rispetto agli altri paese europei. Mio figlio, che è stato in una importante provincia della Lombardia si è sentito dire che le imprese di quel territorio, se vogliono andare in borsa, devono fare investimenti, in particolare investire in tasse….
W: investire in tasse?
E: sì ha capito bene, iniziare a dichiarare gli utili veri, smettere di addebitare all’impresa i costi della famiglia come barche, viaggi, gioielli e anche amanti e pagare le tasse dovute. Se un’impresa dichiara utili, la Borsa è disponibile a sostenerti, altrimenti non ci saranno mai capitali a disposizione.
W: Insomma la classe politica dovrebbe impostare politiche economiche che non solo non sommino gap di crescita di PIL a gap culturali, ma al contrario che favoriscano la diffusione di questa cultura
E: esatto occorre muoversi affinchè il malessere alla base di questa tornata elettorale diventi lezioni e stimolo per accelerare. Pensa solo ai fondi pensione e di previdenza complementare italiani, hanno portato via alle aziende il TFR e lo hanno investito o all’estero o in titoli di stato, mentre sarebbe stato il loro compito reinvestirlo nella Borsa di Milano.  Oppure all’introduzione della cd Tobin TAX, che colpisce solo i risparmiatori italiani di lungo termine. Basterebbero poche correzioni e vedresti come questo paese potrebbe diventare un vero motore dell’Europa!